lunedì 26 dicembre 2016

Yemen, teatro di scontro tra potenze regionali

DI YOUSSEF HINDI

TRADUZIONE DI RED SHAYTAN

FONTE


Per prevedere l'evoluzione della pericolosa situazione attuale dello Yemen, sono necessari uno studio sulla situazione regionale e una valutazione attenta dello scacchiere geopolitico globale; effettivamente lo Yemen al pari di altri piccoli Paesi "in via di sviluppo" è diventato un'arena dove interagiscono forze più grandi.

Per capire la situazione dello Yemen e prevedere le conseguenze della sua evoluzione su scala regionale occorre effettuare un'inquadramento della situazione precedente del Vicino oriente; allo stesso modo il confrontarsi di potenze regionali nello Yemen, se si presta attenzione, offre una chiave di lettura dell'avvenire di questa regione sotto una certa angolatura, in quanto il conflitto in corso in Yemen ci dice molte più cose sulla situazione geopolitica regionale che sullo stesso Yemen. La crisi attuale dello Yemen è una miniaturizzazione dello scacchiere geopolitico del Vicino Oriente, implicante da una parte l'Arabia Saudita, con Israele egli USA come manovratori, e dall'altra l'Iran e i suoi alleati con la Russia nelle retrovie.

La principale motivazione dell'aggressione della coalizione "arabo-atlantica" condotta dall'Arabia saudita è la seguente: far rientrare lo Yemen nel girone atlantista, vale a dire sionista, allo stesso modo con cui i sauditi lo fecero insieme ad altri, tra cui il Qatar, nei confronti del Bahrein, schiacciando la rivolta del 2011 che minacciava il regime, il cui rovesciamento era visto di malocchio dagli USA che possiedono una base militare sull'isola.

Infatti all'inizio del 2000, lo Yemen conobbe una rivolta che si era trasformata in una rivoluzione popolare nel 2011 e che era guidata dall'organizzazione houtie Ansaru lah, contro la quale combattono gli USA e l'Arabia Saudita, usando armi come i droni ma anche e soprattutto arnesi come Al Qaeda, la cui presenza in Yemen cui fa eco quella del Daesh in Iraq e Siria, non è assolutamente casuale.

In effetti nel quadro geopolitico particolare del Medio Oriente, il terrorismo svolge una funzione duplice:
  • la prima è quella di agente di corrosione che minaccia l'integrità nazionale, come in Iraq e Siria, rendendo difficile, per non dire impossibile, la ricostituzione di uno stato omogeneo sul piano territoriale. Come in Yemen dove Al Qaeda impedisce il progredire della rivoluzione condotta da Ansaru lah.
  • La seconda consiste nel servire da pretesto alle coalizioni israelo-atlantiste, per fare arretrare l'esercito regolare siriano o indebolire ancora la ribellione in Yemen
L'azione della coalizione araba è conforme ai "relativi" interessi geoenergetici americani nella regione, fatto che spiega in gran parte il silenzio degli Stati e dei mezzi di comunicazione occidentali intorno all'aggressione allo Yemen, come nel caso dei massacri in Bahrein.


Dal punto di vista saudita è di importanza vitale impedire che la rivoluzione yemenita raggiunga totalmente i suoi scopi. Questo avrebbe un effetto contagioso sul reame saudita, che già minaccia di implodere, non solo a causa delle lotte per il potere in seno alla famiglia regnante, ma anche per la natura profondamente tribale dell'Arabia che minaccia di riemergere.

La rivoluzione yemenita rappresenta un pericolo per la famiglia saudita, che ritornerebbe ad essere quella che era prima della conquista dell'Arabia: una tribù fra le altre. Così noi possiamo prevedere d'ora in avanti lo scoppio delle sottodivisioni tribali dell'Arabia.

Le due principali potenze che si affrontano in Yemen sono l'Arabia Saudita e l'Iran che sostiene Ansaru lah. Il loro confronto nello Yemen rientra nel quadro dello scacchiere geopolitico medio-orientale, in particolare in Siria, dove Assad alleato con l'Iran (e con la Russia), aiutato da Hezbollah, è alle prese con il Daesh, che l'Iran combatte direttamente in Iraq.

Se l'Arabia Saudita perde il controllo del Daesh, anche se non si dovrebbe sovrastimare l'autonomia di questo pseudo "Stato islamico", che potrebbe essere diretto dal nord, nel quadro del ridisegno del Medio Oriente, contro il regno saudita, facendo così precipitare la caduta della famiglia reale e la disgregazione del paese. Si tratta di un'ipotesi plausibile che si può integrare con la nostra analisi di prospettiva.

I sauditi in Yemen hanno mosso una pedina, ma hanno abbassato la guardia. 
Un'occasione per l'Iran che, per mano di Ansaru lah, potrebbe loro infliggere un cocente scacco, che ridisegnerebbe la carta dell'Arabia e a seguire ridefinirebbe i rapporti di forza in tutto il Vicino Oriente.

Stiamo assistendo a un fine partita tra l'Iran e la gerontocrazia wahabita, da cui quest'ultima non uscirà certo indenne. Fatto che rende Israele febbrile, per cui l'Arabia saudita è una pedina importante nel braccio di ferro che l'oppone all'Iran. Lo stato ebraico è arrivato al punto di minacciare pubblicamente di fornire armamento nucleare al sua alleato saudita e questo qualche settimana prima dello sgancio da parte di questo ultimo, o di uno dei suoi alleati, di una bomba, secondo alcuni scienziati, ai neutroni sulla popolazione civile yemenita [1].



Questo finale di partita saudo-iraniano dovrebbe, logicamente, condurre alla fine a uno scontro tra l'Iran e Israele, essendo l'Arabia saudita nient'altro che una comparsa dello stato ebraico.

Nel frattempo, si può prevedere che il caos si spargerà ancora di più nella regione, soprattutto dopo l'implosione del regime saudita; conseguenza o causa di una possibile guerra civile e/o tribale nel futuro dell'ex regno wahabita.

Dallo Yemen alla Siria, passando per l'Iraq, l'incendio si diffonde. Ora, una lettura esclusivamente geopolitica non ci permette di afferrare il significato profondo degli avvenimenti, le loro conclusioni e il loro senso storico. Addentrarci in un esercizio di prospettiva geopolitica implica ritornare alle cause della destabilizzazione di questa parte del mondo musulmano.

L'intervento americano post 11 settembre 2011 in Afghanistan, poi la guerra contro l'Iraq nel 2003, hanno aperto la strada a quello che è seguito qualche anno dopo, come l'emorragia terrorista che ha posto fine a quello che le "primavere arabe" avevano cominciato. 



Questa sovversione del mondo musulmano attraverso la guerra e il terrorismo è la concretizzazione del "Piano Bernard Lewis" elaborato tra il 1975 e il 1978 e del "Piano Oded Yidon" del 1982. Questi piani formano un solo progetto, mirante a spezzettare i paesi musulmani e in particolare il Vicino Oriente in piccoli Sti etnico-confessionali. La distruzione degli Stati è la condizione preliminare per la loro divisione, il piano Lewi/Yinon prevedeva di arrivare a ciò, provocando conflitti intercomunitar; a cui si sarebbero aggiunti la stimolazione di movimenti separatisti e la creazione di stati autonomi come il Kurdistan e il Baluchistan.

Il fine del Piano Oded Yinon è la fondazione del Grande Israele delle frontiere bibliche: dal Nilo all'Eufrate. L'espansione dello Stato ebraico non è possibile senza lo smembramento di tutti gli stati confinanti e la creazione di un focolaio infetto che giustificherebbe ad hoc una grande guerra di conquista territoriale, sotto il pretesto di una guerra difensiva e di stabilizzazione della regione.

Oded Yinon era un funzionario del ministero degli Affari Esteri israeliani; egli redasse nel 1982 il piano per il Medio Oriente chiamato "A Strategy for Israel in the 1980’s" [2]. Dopo aver redatto una descrizione dello stato del mondo musulmano, dal marocco all'Afghanista, prendendosi pena di tracciare per ogni paese le linee di frattura etinco-religiose, stabilisce gli obiettivi che Israele deve seguire in questo modo:


  • Comincia con la Palestina e scrive: "Dopo la Guerra dei Sei Giorni, avremmo potuto preservarci da ogni conflitto amaro e pericoloso se avessimo dato la Giordania ai palestinesi che vivono all'ovest della Giordania. Facendo questo noi avremmo neutralizzato il problema palestinese con il quale oggi ci confrontiamo".
  • Per quanto riguarda il Sinai, egli scrive che "recuperare" la penisola del Sinai con le sue risorse (petrolio) è una priorità politica per Israele che è stata ostacolata dall'accordo di pace di Camp David (1978). Yinon precisa che l'Egitto debba fornire un pretesto ad Israele per occupare nuovamente il Sinai. Io penso che in un avvenire più o meno lontano , la presenza di gruppi terroristi nel Sinai, potrebbe offrire questo pretesto. Descrive l'Egitto come un cadavere e aggiunge che l'obiettivo politico d'Israele è "sfruttare" il fossato esistente tra i cristiani e i musulmani per dividere l'Egitto in due regioni distinte geograficamente. Yinon precisa che il crollo dell'Egitto provocherebbe anche il crollo della Libia, del Sudan e di altri paesi più lontani dall'Egitto; quasi un effetto domino.
  • Poi descrive il piano per quello che definisce il Fronte dell'Est. Spiega che la dissoluzione del Libano in cinque stati servirà da precedente per tutto il mondo arabo, incluso l'Egitto, la Siria, l'Iraq e la Penisola Arabica. Scrive che "la dissoluzione della Siria e dell'Iraq in regioni etniche o religiose come il Libano, sia il primo obiettivo di Israele sul Fronte dell'Est nel lungo termine, mentre la dissoluzione della forza militare di questi stati sarebbe il primo obiettivo a breve termine". Ora lo stato iracheno non esiste più, il paese si trova in una situazione caotica ed è occupato per uno stato creato di sana pianta: il Daesh. La Siria che bene o male si regge ancora in piedi, si trova ad affrontare un problema la cui origine è evidentemente la stessa. D'altra parte egli scrive riguardo alla Siria che dovrà essere divisa nella maniera seguente: "La Siria cadrà a pezzi, in conformità con la sua struttura etnica e religiosa, in diversi stati, come è  la situazione odierna in Libano, in modo che ci sia uno stato sciita alawita lungo la costa, uno stato sunnita nell'area di Aleppo, un altro stato sunnita a Damasco ostile al suo vicino settentrionale e si creerà anche uno stato per i drusi, certamente nell'Hauran e nel nord della Giordania e forse nel nostro Golan. Questo stato di cose sarà la garanzia per la pace e la sicurezza nella zona nel lungo periodo e questo scopo, oggi, è già alla nostra portata.". A riguardo dell'Iraq , Yinon scrive senza ambiguità: "L’Iraq, ricco di petrolio da un lato e lacerato internamente dall'altro, è il candidato ideale per gli obiettivi di Israele. La sua dissoluzione è ancora più importante per noi di quella della Siria. L'Iraq è più forte della Siria. Nel breve periodo è il potere iracheno che costituisce la più grande minaccia per Israele. Una guerra iracheno-iraniana strapperà una parte dell'Iraq e provocherà la sua caduta interna prima che sia in grado di organizzare una lotta su un ampio fronte contro di noi. Ogni tipo di conflitto inter-arabo ci aiuterà nel breve periodo e accorcerà la strada per l''obiettivo più importante, quello di spezzare l'Iraq in parti più piccole come in Siria e in Libano. In Iraq è possibile una divisione in province lungo linee etnico/religiose come in Siria durante il periodo ottomano.". per fornire un altro esempio di questa strategia israeliana citeremo Ze’ev Schiff, corrispondente militare del quotidiano Haaretz e che è uno dei più grandi specialisti di Israele in questa materia, che scrive: "il meglio che potrebbe accadere per gli interessi di Israele in Iraq è la dissoluzione dell'Iraq in uno stato scita, in uno sunnita e la separazione della patria curda", Haaretz, del 02/06/1982.
  • Il piano per la Giordania secondo Yinon è il seguente: "La Giordania costituisce un obiettivo strategico immediato nel breve periodo ma non nel lungo periodo in quanto non costituisce una minaccia reale nel lungo periodo dopo il suo scioglimento, e la cessazione del lungo dominio di re Hussein con il trasferimento del potere ai palestinesi nel breve periodo.".  Il problema palestinese non sarà risolto per Israele se non con il trasferimento della popolazione palestinese verso la Giordania (e la popolazione di Gaza verso il Sinai), che avverrà con la caduta della monarchia giordana a vantaggio di Hamas e dei Fratelli Musulmani. Seguendo questa prospettiva possiamo comprendere i regolari bombardamenti sulla popolazione di Gaza, lo scopo è quello di spingerli verso la Giordania e/o il Sinai. Questo appare con chiarezza quando Yinon scrive: "Non vi è alcuna possibilità che la Giordania continui ad esistere nella sua attuale struttura per lungo tempo e la politica di Israele, sia in guerra e in pace, deve essere orientata alla liquidazione della Giordania sotto l'attuale regime e il trasferimento del potere alla maggioranza palestinese.". Oded Yinon aggiunge che la popolazione ebraica deve avere una minore densità in Israele; cosa implica questo? Per prima cosa l'espulsione della popolazione palestinese e per seconda cosa, l'espansione del territorio israeliano al di là del Giordano, come l'ha scritto Yinon, per poter disperdere la popolazione israeliana. Il 28 settembre 2013, il new York Times ha pubblicato una "nuova" carta del Medio Oriente corrispondente al Piano Yinon. Questa carta è intitolata "How 5 Countries Could Become 14"[3].

  • Tengo a precisare che il piano Oded Yinon prevedeva anche lo smembramento dell'Arabia Saudita in suddivisioni tribali; egli così scriveva: "L'intera penisola arabica è una candidata naturale per la sua dissoluzione a causa di pressioni interne ed esterne e la questione è inevitabile soprattutto per l’Arabia Saudita. Indipendentemente dal fatto che la sua potenza economica basata sul petrolio rimanga intatta o se diminuisca nel lungo periodo, le spaccature interne e le lacerazioni sono uno sviluppo chiaro e naturale alla luce della presente struttura politica.".
I dirigenti sauditi sembrano ignorare l'esistenza di questo piano, quando seminano il caos alle loro frontiere e senza dubbio ne subiranno il contraccolpo, tentando di spegnere il fuoco rivoluzionario yemenita che minaccia di estendersi in Arabia; i sauditi non fanno altro che alimentarlo, accelerando così il crollo della loro casa fin da ora in rovina.

Non v'è bisogno di precisare che la destabilizzazione della penisola arabica avrebbe delle ripercussioni considerevoli sull'economia mondiale, con una reazione a catena di grande ampiezza, particolarmente in Europa.

L'innesco della guerra in Iraq fu la prima tappa di questa grande riformattazione del Medio Oriente che non è altro, se si rimane sul piano storico, che il seguito del primo ridisegno che la regione subì dopo la guerra del 14-18 in conformità agli accordi segreti Sykes-Picot del giugno 1916, che facevano seguito ai negoziati dell'ottobre dell'ottobre 1915 fra McMahon e Hussein, lo Sceriffo della Mecca. Il ridisegno del Medio Oriente che è in corso, è la conseguenza, non dell'influenza sulla politica estera americana, della lobby petrolifera americana, (qui rinvio ai lavori di due eminenti studiosi universitari USA, Stephen Walt e John Mearsheimer), ma della lobby filoisraeliana. Aggiungiamo che Bernard Lewis, ideologo detentore delle cittadinanze, britannica, israeliana e americana, ben radicato nel sistema di potere americano, recitò un ruolo importante nell'innesco della guerra contro l'Iraq, persuadendo Dick Cheney, all'epoca vicepresidente deli USA, a pronunciarsi a favore.

Tuttavia rimane una potenza regionale che non è stata toccata da questo piano di ridisegno, è l'Iran che pur non riuscendo a svolgere un ruolo stabilizzante nella regione rappresenta esso stesso un muro per limitare l'espansione apparentemente inevitabile del caos. Dopo o durante lo smembramento dell'Arabia Saudita che potrebbe risultare dalla guerra in Yemen, lo scontro tra le 2 potenze regionali, Israele e l'Iran potrebbe coinvolgere le potenze mondiali, USA e Russia e i loro alleati , in un confronto che oltrepassa di molto i limiti del Vicino Oriente.



Da oltre una dozzina d'anni , la lobby filoisraeliana preme negli USA allo stesso tempo per una guerra contro l'Iran e per un cambiamento di regime (in mancanza della guerra). Per mezzo di una fine politica, i dirigenti iraniani, in particolare dell'ayatollah Kamenei  (rinvio alla mia analisi nel libro Occident et Islam), l'Iran ha saputo mantenere insieme alla Russia, abbastanza lontana la minaccia. L'alleato russo mette al riparo l'Iran da un attacco diretto degli USA; Israele che ne ha piena consapevolezza, potrebbe, se ci fosse l'occasione, forzare la mano agli americani, prendendo da solo l'iniziativa di una guerra contro l'Iran. La risposta degli iraniani, che possiedono missili supersonici che la cupola di ferro israeliana non è in grado di intercettare, a cui vanno aggiunti i missili difensivi russi S-300, colpirebbe al cuore Israele. In questo caso ipotetico, gli USA sarebbero costretti ad entrare in guerra a fianco del loro ingombrante alleato e la Russia si intrometterebbe molto probabilmente, conducendo così il mondo ad una conflagrazione generale.

Il mondo dovrebbe essere più attento all'evoluzione della situazione nello Yemen e molto più vicino a quella del Vicino oriente, in quanto la storia ci insegna che il destino dell'umanità e quello di questa regione sono intimamente legati. Nel 1905, lo scrittore palestinese di religione cristiana, Negib Azoury scriveva a questo proposito: "Due importanti fenomeni, della stessa natura e purtuttavia opposti, che non hanno ancora attirato l'attenzione di nessuno, si manifestano in questo momento nella Turchia asiatica: sono il risveglio della nazione araba e il latente sforzo degli ebrei per la ricostruzione su larga scala dell'antica monarchia d'Israele. Questi due movimenti sono destinati a combattersi in continuazione, fino a che uno non prevarrà sull'altro. Dal risultato finale di questa lotta tra due popoli rappresentanti due principi contrari, dipenderà la sorte del modo intero. Del resto non è la prima volta che gli interessi dell'europa nel mediterraneo siano agitati nei paesi arabi; perché questo territorio che mette in comunicazione tre continenti e tre mari, è stato, in epoche differenti, la scena dove si sono svolti avvenimenti politici o religiosi che hanno ribaltato il corso del destino dell'universo.".

Noi ci troviamo sicuramente alla vigilia di un grande ribaltamento su scala planetaria. Il confronto geopolitco di potenze regionali e mondiali nel Vicino Oriente e altrove,ad esempio in Ucraina, non è che uno degli apparenti effetti degli sconvolgimenti profondi provocati da movimenti storici sotterranei che hanno maturato per lungo tempo. Uno studio dettagliato su questi sommovimenti è presentato nella mia opera Occident et Islam (settembre 2015)


Note

[1] Secondo Deff Smith, che è un fisico nucleare e un ex ispettore dell'AIEA, sarebbe stata sganciata in Yemen una bomba ai neutroni. Vedasi Reseau International e Veteran Today.

[2] Apparso in ebraico su  KIVUNIM, A Journal for Judaism and Zionism ; Issue n°, 14-Winter, 5742, February 1982, editor : Yoram beck. editorial Committee : eli eyal, Yoram beck, Amnon Hadari, Yohanan Manor, elieser schweid. Published by the Department of Publicity/The World Zionist Organization, Jerusalem. edité en français par les éditions sigest en 2015.

[3] Vedasi New York Times 




























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