venerdì 3 luglio 2015

Ma se il piano di Tsipras fosse sempre stato la Grexit?

Il sito milanofinanza.it, pubblica la traduzione di un interessante articolo del Wall Street Journal che spesso ospita analisi fuori dal main stream, pur essendo un giornale a base conservatrice.
Non si smentisce neanche in questo caso e lancia la provocatoria ipotesi, assolutamente non campata in aria, che Tsipras e Varoufakis abbiano recitato la parte del Gatto  e della Volpe di collodiana memoria. In pratica, asserisce l'articolista Simon Nixon, fin da subito il loro obiettivo era la Grexit.
Se le cose realmente stessero così le potremmo accogliere magno cum gaudio anche per vedere le facce verdi di bile degli eurocretini e dei comunisti puri e duri comment il faut; mi riferisco ai seguaci dell'italiota diversamente crinito: vero gregge in questo caso, di orbi, condotto da un cieco.
Tra le quinte ammiccano sorridenti, gli zii Putin e Xi Jinping.
Poiché la maggior parte di voi è pigra riporto qui di seguito, il testo della traduzione dell'articolo pubblicato su:
http://www.milanofinanza.it/news/ma-se-il-piano-di-tsipras-fosse-sempre-stato-la-grexit-201507021911151453 



Quanto della tattica di Alexis Tsipras, adottata negli ultimi cinque mesi, è stata influenzata dall’incompetenza e quanto da un vero e proprio complotto per far uscire il Paese dall’Eurozona? È una questione anche gli storici non potranno mai risolvere completamente. Il primo ministro greco ha dichiarato in tv che chi lo accusa di aver agito deliberatamente per portare la Grecia fuori dall’eurozona è un bugiardo. Ma una cosa è certa: se Tsipras fosse partito a gennaio con questa idea, è molto difficile pensare che avrebbe fatto qualcosa di diverso da come ha agito.

Ha vinto le elezioni sull’impegno a rispettare il desiderio irrefrenabile degli elettori di restare nella zona euro, il che implicava che non avrebbe avuto altra scelta che negoziare con i creditori della Grecia fintanto che erano disposti a essere indulgenti verso il Paese. Ma se invece il suo obiettivo segreto era la Grexit, la sua unica missione era quella di garantire che i colloqui si trascinassero fino alla scadenza del piano di salvataggio, per fare in modo che poi venissero introdotti controlli sui capitali e il Paese entrasse in default, rendendo uscita dell'euro difficile da evitare. L'unico rischio di una tale strategia era evitare subito l’assalto dei depositanti alle banche prima che scadesse il piano di salvataggio, nel qual caso la politica sarebbe intervenuta.

Se questo era il piano di Tsipras, l’ha giocato perfettamente. I depositanti sono stati convinti a mantenere i loro soldi nelle banche grazie all’assicurazione quotidiana, per cinque mesi, che un accordo era imminente. Invece, per la maggior parte del tempo, nessuna trattativa di qualsiasi sostanza ha avuto luogo. Tsipras allungava il brodo con infinite discussioni su come dovessero essere convocati i creditori, dove i colloqui dovevano essere tenuti e chi doveva parlare con chi. All'ultimo minuto, ha presentato proposte che non avevano alcuna possibilità di essere accettate, ma che gli hanno permesso di affermare che fossero i creditori i veri irresponsabili. Ora, con il piano di salvataggio ormai scaduto, le banche chiuse e il Paese in default, ha indetto un referendum che chiede agli elettori di respingere un accordo che peraltro non è più sul tavolo.

Tsipras continua a insistere sul fatto che un "no" non porterà alla Grexit ma rafforzerà la sua posizione con i creditori. Nessun altro politico in qualsiasi altra parte dell’eurozona la pensa come lui. Il rapporto tra Tsipras e altri leader dell’area euro è in panne in modo irreparabile, ed è difficile intravvedere come possano accordare nuovi prestiti alla Grecia, sino a che lui rimane al potere. Invece, un "no" costringerà la Banca centrale europea a concludere rapidamente, forse già lunedì 6 luglio, che il sistema bancario greco, che si basa essenzialmente sulle garanzie del governo, è diventato insolvente. Le banche sarebbero costrette a chiudere e non riaprire prima di avere ricapitalizzato o a spese anche dei maggiori depositanti o attraverso l’emissione di una nuova moneta.

Naturalmente Tsipras potrebbe essere arrivato a questo punto solo per caso. Mentre ci sono certamente alcuni intransigenti del suo partito che hanno sempre sostenuto la rottura con i creditori del paese, l'imperscrutabile Tsipras potrebbe semplicemente essere stato uno di quelli che si è bevuto le rassicurazioni di Yanis Varoufakis, il ministro delle finanze sicuro di sé e esperto di teoria dei giochi, che aveva sempre sostenuto che i creditori avrebbero alla fine capitolato di fronte all'intransigenza greca.

La maggior parte dei responsabili politici dell’eurozona tende più a credere che Tsipras abbia commesso un errore grossolano per inesperienza e incompetenza, piuttosto che per un deliberato piano segreto per portare la Grecia fuori dall'euro. Forse Tsipras ha fatto male i conti nel pensare che l’eurozona avrebbe esteso l'accordo di salvataggio per una settimana in più, in modo da consentire a Syriza di fare campagna contro il Sì; se lo ha pensato, è davvero ingenuo. Ed è davvero inesperto e incompetente se non si è reso conto che, così facendo, finiva per girare le spalle alla Bce, l'unica fonte di finanziamento a disposizione di Atene, costretta per proteggere il proprio bilancio a porre un tetto all'esposizione delle banche elleniche sulle linee di liquidità di emergenza.

Eppure, le tattiche di Tsipras continuano a confondere i suoi creditori. Nel corso di una riunione dei ministri delle finanze dell'eurogruppo, martedì 30 giugno, Varoufakis formalmente ha richiesto l’avvio di negoziato con i membri dell’eurozona per un terzo piano di salvataggio, ancora una volta senza fornire una lettera dettagliata sugli impegni di riforma da avviare in cambio. Quando la lettera è finalmente arrivata, il giorno dopo, si è scoperto che era ben lontana dalla capitolazione prevista. I funzionari comunitari hanno analizzato la lettera, riscontrando che creava nuove differenze di gettito rispetto alle richieste dei creditori e non teneva conto degli ulteriori danni all'economia derivanti dall’introduzione dei controlli sui capitali. Inoltre, molti ministri dell'eurogruppo hanno chiarito a Varoufakis che ulteriori discussioni o un nuovo programma di salvataggio potrebbero riprendere solo qualora Atene annullasse il referendum o il governo facesse campagna per il “Si”. Tsipras ha invece ribadito via radio e tv, mercoledì stesso, il suo appello per un "no".

La decisione di Tsipras di elevare il livello di scontro piuttosto che capitolare alza la posta, ma non tutti i suoi avversari sono delusi. I leader dell'opposizione ritengono che ogni giorno in più in cui i controlli di capitale rimangono in vigore, i sondaggi oscillano ulteriormente nella loro direzione e puntano a una grande vittoria. Questo porterebbe più chiarezza politica alla situazione: Tsipras sarebbe costretto a dimettersi, mentre i governanti dell’eurozona, in caso di un forte voto per il "sì", si sentirebbero in obbligo di trovare un accordo con un qualsiasi nuovo governo per mantenere la Grecia nell’eurozona.

Ma la situazione potrebbe non essere così semplice. Nel decidere di continuare a lottare per il "No", Tsipras e il suo partito possono esimersi da ogni responsabilità di firmare un nuovo accordo. Dal momento che Syriza e gli altri partiti anti-salvataggio dominano l’attuale parlamento, sarebbero necessarie nuove elezioni, che consumerebbero un tempo vitale e che in teoria potrebbero riportare Tsipras al potere. In sintesi, se Tsipras avesse avuto in cuor suo l’uscita dalla Grecia dall’euro fin dal primo momento, una campagna per un voto "No" al referendum potrebbe permettergli di vincere, qualunque sarà l'esito.

2 commenti:

  1. Luoghi comuni sulla Grecia. Da leggere.
    http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=11&pg=12225

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  2. Tutti i paesi in Europa ingabbiati nell'euro e sottoposti alle "cure di risanamento" della Trojka sono in recessione. Lo dice addirittuea sul New York Times, il Nobel per l'Economia, Paul Krugman. (sarò anche lu uno studioso della teoria del gioco come Varoufakis. A detta di qualche studente cui piace talmente studiare da frequentare la stessa facoltà da 3 lustri, sembra essere un fatto da indicibile vituperio).
    http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=12231

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